di Stefano Fassina pubblicato su Sbilanciamoci.info il 16/01/2015
Per la prima volta da decenni, in Europa un partito svela la natura di classe del conflitto tra creditori e debitori. E offre una risposta non nazionalista
La posta in gioco è, innanzitutto, la rianimazione della democrazia sostanziale dopo una lunga fase di ibernazione, dovuta a cause culturali e politiche prima che economiche. Sul piano culturale, viene sfidato in termini competitivi, speriamo vincenti, il pensiero unico di matrice liberista.
Di Barbara Spinelli pubblicato su sito personale il 14 gennaio 2015
Questo articolo sarà pubblicato sul quotidiano greco «I Avgi».
Se Syriza vince le elezioni del 25 gennaio, quel che sembrava impossibile potrebbe divenire possibile: un radicale cambiamento di rotta – non solo in Grecia ma nell’Unione europea – delle politiche anti-crisi, dei modi di negoziare e di parlarsi tra Stati membri, delle abitudini cittadine a fidarsi o non fidarsi dell’Unione. Fidarsi e ricominciare a sperare nell’Unione è oggi possibile solo in un’esperienza di lotta alla sua degenerazione liberista, alle sue tentazioni neonazionaliste e xenofobe, alla sua fuga dalla solidarietà: è quel che Alexis Tsipras promette.
Trascrizione dell'intervento di Eleonora Forenza
Io proporrei di abbandonare la metafora del sefie, si rischierebbe di vedere molto fumo della retorica dietro questo selfie e magari in controluce la scritta lasciate ogni speranza o voi che entrate.
Propongo di abbandonare questo gesto narcisistico e guardare negli occhi la generazione che è stata chiamata Erasmus, che è stata chiamata Telemaco e che si scoprirebbe essere la generazione con la disoccupazione più alta che l'Europa ricordi.
Ora voglio smontare uno per uno le parole che quì ho sentito nominare:
Crescita sarebbe il piano Junker?
di Fabio Marcelli pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 13/01/2015
Non ha evidentemente senso contrapporre la solidarietà delle vittime dei massacri terroristici di Parigi a quella, ugualmente necessaria, con le vittime dei bombardamenti compiuti a Gaza dalle forze armate israeliane in varie occasioni e da ultimo nell’ambito dell’operazione dello scorso agosto.
di Rossana Rossanda pubblicato su Sbilanciamoci.info il 9/01/2015
Non si possono portare avanti due politiche opposte – l’accarezzare vecchie e ingiustificabili tendenze coloniali e la difesa dei valori repubblicani – come ha fatto il governo socialista francese, nel tentativo di mettere in campo un diversivo allo scontento popolare in tema di diritti dei lavoratori e di politica economica
di Francesco De Palo (account twitter @FDepalo) pubblicato su Formiche
Un programma di rinascita sociale prima che economica, la rinegoziazione del debito ellenico, l’intervento della Bei per nuovi investimenti, una discontinuità finanziaria con la troika, la liberalizzazione delle frequenze televisive. Chi sono e cosa pensano gli economisti che affiancano il leader greco Alexis Tsipras ed il suo Syriza, possibile nuovo primo ministro nella Grecia chiamata al voto il prossimo 25 gennaio.
di Alessandro Robecchi pubblicato su MicroMega il 7/1/2015
Si sa come va con le mode: vanno, tornano, passano e poi ripassano. Ecco che sta ripassando la parola “estremo”. Serve a definire una sinistra europea che non si sa bene come chiamare. O meglio si sa: la si dovrebbe chiamare sinistra e basta, ma essendo il nome già occupato bisogna adeguarsi. Restando al linguaggio dell’informazione la sinistra “estrema” è quella greca, che fa tremare i mercati, spaventa l’Europa, brucia miliardi (sic) nelle Borse, indebolisce l’Euro eccetera eccetera. Insomma è cattiva.
Pubblicato su il manifesto il 18/12/2014
Appello. “Chiediamo a chiunque abbia a cuore la democrazia, la coesione sociale e la giustizia di sostenere il diritto del popolo greco a scegliere liberamente il proprio futuro”
La Grecia ha fatto in questi anni da cavia per la cancellazione dello stato sociale e dei diritti democratici in Europa. I pacchetti di “salvataggio” dei memorandum hanno salvato solo le banche tedesche ed europee, impoverito la gente e aggravato la disoccupazione rendendola di massa.