La dottrina militare israeliana, volta a cancellare la necessaria distinzione fra obiettivi militari e no, va respinta per il suo carattere profondamente destabilizzatore del diritto internazionale umanitario. Uguale condanna va del resto applicata agli attacchi indiscriminati contro i civili israeliani provenienti da parte palestinese, sia attraverso attentati suicidi che lancio di missili. Su tutti questi temi è urgente si pronunci la Corte penale internazionale, dopo che finalmente Abu Mazen si è deciso ad aderirvi nonostante pressioni e minacce da parte di Israele e Stati Uniti (per una disamina dei problemi giuridici che ne derivano si veda l’intervento di Luigi Daniele sul blog della Società italiana di diritto internazionale).
Non possono quindi esistere vittime di serie A e di serie B. Se si vuole davvero sradicare il terrorismo è necessario punire tutti coloro che si rendano colpevoli di questo genere di crimini contro l’umanità facendo funzionare in modo effettivo e senza doppi standard la Corte penale internazionale, dare vita a politiche di polizia volte a un’oculata e mirata prevenzione dei crimini, individuando, infiltrando e smantellando le reti terroristiche e risolvere le questioni aperte che alimentano le contrapposizioni fra mondo arabo e Occidente. A tutti tali fini abbiamo bisogno di un’Europa che purtroppo non c’è.
Fra le questioni aperte ovviamente un posto in prima fila spetta a quella palestinese. E’ veramente disdicevole che un leader come Netanyahu, che non ha perso occasione per mostrare che non ha alcun desiderio di dare una soluzione a tale questione, approfitti oggi del clima di commozione generato dai massacri per tentare di fare di tutte le erbe un fascio, gettando in un unico calderone Al Qaeda, Isis, Hezbollah ed Hamas, nonostante Hezbollah e Hamas abbiano chiaramente condannato gli attentati.
La stessa operazione la tentò a suo tempo il suo predecessore Sharon dichiarando, dopo gli attentati delle Torri Gemelle, che il Bin Laden di Israele si chiamava Arafat. La stessa disdicevole strumentalizzazione che vuole confondere le ragioni di un popolo in lotta per la sua autodeterminazione con le azioni criminali di un gruppo terrorista e oscurantista. A proposito di oscurantismo, non sembra che le mille frustate inflitte dal regime saudita a un blogger abbiano destato una grande reazione di indignazione fra i capi di Stato occidentali riuniti a Parigi. Eppure si tratta della stessa logica liberticida e reazionaria che ha prodotto gli attentati contro Charlie Hebdo.
Per non parlare delle dichiarazioni di un membro dell’amministrazione Reagan, secondo il quale le stragi di Parigi sarebbero state orchestrate dalla Cia, nell’ambito dell’operazione False Flag per determinare le condizioni di un ancora maggiore assoggettamento di Parigi a Washington. Complottismo sfrenato? In realtà, come ben sappiamo in Italia, le azioni dei gruppi terroristici, che pure rispondono indubbiamente a una propria logica autonoma, possono essere agevolate e condizionate al raggiungimento di scopi politici. Fra tali scopi rientrano a pieno titolo quelli di debellare ogni velleità di indipendenza della politica estera francese ed europea, sul tema ucraino come su quello palestinese come su altri.
Non manca poi chi, come il primo ministro greco Samaras, vuole a sua volta intingere la brioche nel sangue ancora caldo di Parigi per sostenere che il vero pericolo sono le politiche migratorie eccessivamente liberali di Syriza.
Complottismo o no, oggi c’è chi tenta di approfittare del sangue di Parigi per scatenare nuove guerre. La lotta al terrorismo non deve invece essere piegata al raggiungimento di finalità strumentali, come tentano di fare le destre statunitensi, europee ed israeliana, anche perché in tal modo esse in realtà creano i presupposti per il rafforzamento delle logiche terroristiche, come mostrano gli ultimi quindici anni della storia mondiale.
Tale lotta, per avere successo, richiede la ricostruzione di un tessuto sociale solidale, lucidità politica e il rilancio degli autentici valori europei di libertà, uguaglianza e fraternità. Ed occorre condannare senza doppi standard ogni violazione di tali principi. Per questo appare molto lodevole l’iniziativa del quotidiano israeliano Haaretz mettere nelle proprie pagine “Je suis Gaza”, iniziativa per la quale i redattori del quotidiano sono stati minacciati di morte dagli estremisti ebraici, omologhi dei terroristi islamici.