C’è sinistra in Grecia e in Spagna, ma noi la chiamiamo “estrema”

Mercoledì, 07 Gennaio 2015 17:12

Podemos and Syriza

di Alessandro Robecchi pubblicato su MicroMega il 7/1/2015

Si sa come va con le mode: vanno, tornano, passano e poi ripassano. Ecco che sta ripassando la parola “estremo”. Serve a definire una sinistra europea che non si sa bene come chiamare. O meglio si sa: la si dovrebbe chiamare sinistra e basta, ma essendo il nome già occupato bisogna adeguarsi. Restando al linguaggio dell’informazione la sinistra “estrema” è quella greca, che fa tremare i mercati, spaventa l’Europa, brucia miliardi (sic) nelle Borse, indebolisce l’Euro eccetera eccetera. Insomma è cattiva.

Anche in Spagna si muove qualcosa, con un movimento che sta in testa nei sondaggi e che ha un programma di politica economica di “estrema” (e dàgli!) sinistra. Ora, con due paesi europei in cui la faccenda non è più così trascurabile e minoritaria, bisognerà forse riconsiderare l’uso della parola “estrema”. I programmi economici di Syriza e di Podemos non contengono nemmeno un punto che già non si sia visto, o teorizzato, o sostenuto in decine di programmi della sinistra storica.

Più stato, meno mercato senza vincoli, rinegoziazione del debito, maggiori controlli su finanza, riduzione della forbice tra classi sociali, pressione fiscale molto progressiva con più tasse sui redditi alti e i gradi patrimoni eccetera eccetera, fino alla pensione a sessant’anni. Uno può essere o meno d’accordo, naturalmente, vedere limiti e prevedere conseguenze di queste politiche, se e quando verranno attuate, ma è indiscutibile che si tratti di politiche economiche con una netta connotazione di sinistra. Cosa ci sia di così estremo non si capisce.

E’ che la parola “estrema” riferita alla sinistra, qui da noi, indica cose che voi umani non avete mai visto. Piccole vanità, rivalità ridicole, leaderismi, suonatori di bonghi, frequentatori di salotti televisivi e non, velleità bizzarre, improvvise conversioni, pacificazioni, nuove risse e contraddizioni in seno al popolo con pochissimo popolo. E questo in un posto dove la sinistra non estrema, invece, quella burbanzosa e sorridente, si affanna malamente e con una certa macchinosità pasticciona intorno a decreti che fanno sconti a chi froda il fisco.

Insomma, a non farne soltanto una questione di parole, resta il fatto che ci sono oggi due sinistre assai differenti: una che propone un’accelerazione verso politiche sociali di redistribuzione e l’altra che gestisce in qualche modo la status quo europeo dell’austerità, pur fingendo di borbottare e di dolersi delle stesse politiche che sostiene.

Nel programma di Syriza, per esempio, non c’è né l’uscita dall’euro né l’uscita dall’Europa. Le 35 ore settimanali proposte da Podemos furono una bandiera della Francia di Mittrerrand. Usare la parola “estremo” per spaventare, manco fossimo ancora ai cavalli cosacchi e al Grande Timoniere non è una grande idea, o perlomeno non così nuova. Pure, resta questa faccenda della sinistra “estrema” e si sottende così poco responsabile, poco allineata, chissà dove andremo a finire signora mia, e tutto il corollario delle paure, comprese le Borse che tremano perché finalmente qualcuno dice forte che si può avere anche un’altra idea di Europa.

Presto per dire, ma se si tratta di cambiare verso, è più facile che il cambiamento venga dagli “estremisti” che vogliono inasprire le pene per l’evasione fiscale piuttosto che da chi le sta ammorbidendo. E come si vede siamo ancora all’usurpazione delle parole. Perché il nuovo di cui tanto si parla si affanna a tenere le cose più o meno come stanno, mentre a sinistra succede qualcosa di nuovo. Che non è nemmeno tanto “estremo”.

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