E poi, ulteriore biforcazione, tra il PD e i 5 Stelle è pensabile che chi si dice di sinistra guardi al più lontano e non al più vicino? Non tenga conto che i 5 Stelle dipendono da una struttura privata, sostanzialmente autoritaria, in cui appaiono posizioni che sempre sono state combattute dalla sinistra, almeno dall’area cosiddetta radicale, a cominciare da quelle riguardanti i migranti, l’Europa …?
Penso di votare Virginia Raggi, perché dal mio punto di vista, che credo di sinistra, le risposte a questi interrogativi mi sembrano perfino facili.
Intanto, sui problemi di Roma, Roberto Giachetti ripropone una perfetta continuità con le amministrazioni di centro sinistra precedenti, al più con alcune precisazioni che fanno normalmente parte del repertorio propagandistico elettorale. Sulla mobilità, per esempio, la continuazione della metro C, e certamente nuove linee tranviarie e il raddoppio delle corsie preferenziali. Nulla si dice sul groviglio di corruzione e inefficienza da sciogliere per riprogrammare la metro C , né sul fatto che sarà anche Sindaco metropolitano con competenza sulla mobilità dei pendolari e delle merci, vero punto nodale. Sul piano generale propone poi le Olimpiadi, senza tenere in alcun conto il contesto nel quale si realizzeranno le inevitabili modificazioni urbanistiche (e già si profila il concreto incubo di ulteriori speculazioni a Tor Vergata) e trasportistiche, o il cosiddetto Stadio della Roma, foglia di fico di quella gigantesca speculazione urbanistica che più propriamente si chiama Business Park. Naturalmente si ribadisce l’impegno alla legalità e contro la corruzione, e non c’è da dubitare sulla sincerità del candidato, però si presentano queste proposte come foriere di buona occupazione e buon avvenire della città. Una terra promessa che finora non si è vista: né nelle Olimpiadi del 1960 il cui retaggio concorre ancora al debito di Roma, né nei Mondiali di nuoto, né nel debito della città di Torino (esempio virtuoso) per le Olimpiadi invernali, probabilmente neppure in Expo2015 … Quanto all’interesse generale è evidente l’estemporaneità della denominazione, soprattutto quando si modifica in deroga una previsione del Piano Regolatore Generale (PRG) senza riprodurre alcun iter di partecipazione decisionale. Se sui due punti centrali dell’urbanistica e della mobilità queste sono sostanzialmente le proposte, con l’irrisione per l’idea che il debito mostruoso della città possa essere rinegoziato, intanto per ridurre gli interessi usurai ma forse per poterne ridurre una parte (e che l’on.le Causi si indigni è ben naturale!), c’è poco da essere allegri sul futuro prossimo e meno prossimo di Roma. Comunque, altro che discontinuità.
Sul piano della competenza; bèh, i nomi che si fanno per la Giunta Raggi indicano che si vogliono coinvolgere conoscenze della città e competenze specifiche di grandissimo valore. Ed anche al di fuori della militanza e appartenenza ai 5 Stelle. Una grande apertura, cominciando da Paolo Berdini, stimatissimo da quanti in questi decenni si sono battuti per una città finalmente liberata dalla corruzione e dal dominio del cemento. Una formidabile garanzia di cambio di passo verso la luce; niente affatto quel salto nel buio che molto strumentalmente paventano tutti coloro che scongiurano la vittoria della Raggi.
Sul piano locale dunque nella valutazione Giachetti Raggi non c’è partita, senza dimenticare che tra i consiglieri PD eletti sono presenti alcuni che preferirono il notaio al confronto pubblico. Rappresentanti non della città ma di sé stessi su cui non si può fare alcun affidamento.
Ma il problema politico? Può una persona di sinistra votare Raggi che ha lavorato nello studio Previti e che comunque ha alle spalle il movimento populista dei 5 Stelle,su cui confluiranno i voti di Salvini e di altri innominabili personaggi e movimenti della destra, anche fascista? A parte che le prime indicazioni di Giunta smentirebbero una collocazione a destra della Raggi dobbiamo pur chiederci che cos’è il PD renziano, senza perdere tempo con chi pensa ancora a un centro sinistra che può semmai sopravvivere in qualche nicchia; non certo a Roma, Milano, Napoli o Torino, come pur si è visto. Né può essere presa in seria considerazione la valutazione di Asor Rosa di votare PD ora, riservando ai referendum costituzionale e Italicum la mossa decisiva, e poco importa se Renzi dovesse perciò momentaneamente non essere indebolito più di tanto. Curiosa affermazione, molto sinistra Pd, per la quale non è mai il momento di scegliere, ma sempre quello di rinviare a un futuro chissà perché più propizio. Non ora, non su questo , ma poi …
Con le conseguenze di irrilevanza che ciascuno può notare. Asor Rosa e altri quali sostanziali differenze vedono: non è il PD un’organizzazione privata? Non è forse diretta in modo autoritario? Non raccoglie i voti di destra? Come qualcuno ha detto: è paradossale che Renzi sia segretario del Pd e non di Forza Italia. O forse non lo è perché quelle politiche sono con più successo perseguite da chi si camuffa con una veste almeno rosa. Ingrao e Berlinguer citati come antesignani della deformazione costituzionale ne rappresentano una ennesima prova. E l’arrogante imperversare di promesse a auto lodi non è un chiaro segno di populismo? Per non dire del indicibile e vergognoso comportamento del Governo che si dice non favorevole (finanziariamente) alla città in cui vincessero i 5 Stelle.La lotta di classe condotta dal potere e il trasformismo parlamentare non sono tratti fondamentali della destra?
Infine, al Referendum costituzionale probabilmente confluiranno sul NO anche voti di persone di destra; se però confluissero sulla Raggi non andrebbe più bene? Ma via! La realtà è più complicata, ma si potrebbe decifrare agevolmente se si guardasse senza occhiali.
Soprattutto se si riuscisse a tenere distinto che il voto alla Raggi non significa appartenenza ai 5 Stelle e neppure approvazione della loro linea politica, ma una scelta che riguarda la città e la necessità urgentissima di cominciare a sgombrare il campo da questo Governo.
Consapevoli che la sconfitta di Renzi oggi, e domani sui referendum, non significherebbe affatto il risorgimento della sinistra, per il quale occorre liberarsi dai troppi vincoli del passato, dal morto che afferra il vivo; e ricostruire una linea politica oggi pesantemente assente.
Più semplicemente, nessun salto nel buio: oggi vi è l’opportunità di iniziare una strada sia pure impervia, per guardare a una prospettiva diversa, più accettabile. Va praticata.
Vittorio Sartogo, Angelo Frezzotti
17 giugno 2016